Chi è Mario Oliverio neogovernatore della regione Calabria? Mario Oliverio è un politico di professione. Veterano della politica calabrese nella quale milita da trentacinque anni. Nel 1980 venne eletto consigliere della regione Calabria. Nel 1985, invece, conquistò il seggio da consigliere presso il Comune di San Giovanni in Fiore; eletto e rieletto consigliere comunale e poi sindaco del medesimo Comune, Mario Oliverio divenne deputato nel 1992, concludendo la sua attività parlamentare nel 2006. Dal 2004 al 2014 è – inoltre – il Presidente della Provincia di Cosenza. E come se non bastasse, oggi Mario Gerardo Oliverio è il nuovo Presidente dalla Regione Calabria. La sua attività politica è dunque destinata a protrarsi sino al 2020: quarant’anni di carriera, dal 1980 al 2020.
Tale carriera se da un lato è indice di esperienza, dall’altro inibisce il cambiamento. Gli studiosi della politica e dell’amministrazione conoscono certamente la teoria della path dependence, secondo cui all’aumentare degli anni trascorsi in politica si è sempre più dipendenti dal sentiero già percorso, si ripropongono le pratiche di sempre per rispondere ai problemi, pratiche preconfezionate, solite e obsolete di cui l’esperto politico e amministratore dispone. L’esperienza politica inibisce il cambiamento perché non conosce il cambiamento.
A questa lacuna se ne aggiunge un’altra di non poco conto. Nello Stato in cui tutti hanno una laurea, Mario Oliverio non ce l’ha. Non che tale titolo di studio sia indice di un’indiscussa preparazione, ma è una condizione necessaria (però non sufficiente) per svolgere un’attività come quella di Presidente della Ragione, le cui decisioni ricadono su milioni di cittadini. Per quale ragione, dopo oltre trent’anni di politica, Mario Oliverio non ha mai conseguito una laurea neppure triennale? Impegni istituzionali costanti? No: pigrizia, la stessa che ha infettato il 60% degli astenuti.
Chi votare. Domanda del giorno che si pongono gli elettori liberi. Quelli venduti hanno già deciso di perpetuare la loro schiavitù anche in occasione delle regionali del 23 novembre.
Stanchi dei Soliti non parteciperà a queste elezioni, dato che il nostro principale obiettivo è il risanamento politico in primis della città di Crotone. Ciò non toglie però che ci stia a cuore l’assetto politico della Regione, in quanto le attività di tale ente hanno forti ripercussioni sulla nostra città. Per tali ragioni riteniamo opportuno fare un’analisi della politica calabrese e indirizzare i nostri lettori ed elettori a compiere la scelta migliore.
Il disastro della Calabria non è riconducibile a un solo orientamento politico: nella nostra regione l’alternanza politica ha sempre fatto da padrona. È dunque possibile affermare che il fallimento economico, sociale e culturale ricada sulla responsabilità non di un orientamento politico bensì delle scelte governative che negli anni si sono susseguite.
Chi votare a fronte dei fatti appena descritti? Non votare? Assolutamente no. Non è vero che i non voti degli astenuti confluiscano nella maggioranza, leggenda metropolitana piuttosto diffusa. È vero però che gli astenuti se votassero stravolgerebbero l’assetto politico: se il 40% degli astenuti alle regionali del 2010 avesse scelto Pippo Callipo, ad esempio, per la prima volta la Calabria sarebbe stata amministrata da un orientamento politico estraneo tanto alla destra quanto alla sinistra. È chiaro dunque che sono gli astenuti a fare la differenza: proprio coloro che sono sfiduciati, che non credono in nessun candidato e proprio quelli del “sono tutti uguali” potrebbero cambiare le sorti della Calabria. Tutti i candidati sono degni di voto, trannequelli già noti alla politica locale e regionale, cioè la stragrande maggioranza di essi. Votate chi non ha mai governato perché non ha fallimenti sulla coscienza. Scegliere il nuovo perché il vecchio è già noto a tutti. E se vecchi candidati hanno eccellenti programmi, non badate alle loro promesse da marinai, perché tutti i buoni progetti devono essere sostenuti dei buoni attuatori, finora sconosciuti.
Finalmente liberi di governare. Questo era lo slogan di Peppino Vallone che denunciava -nel 2011 – la presenza di Enzo Sculco durante la sua attività amministrativa. In particolare, il partito democratico locale si era promesso di impedire a Enzo Sculco di ritornare nelle fila dello stesso Pd, perché Peppino Vallone, a causa della presenza vincolante di Enzo Sculco non ebbe l’opportunità di realizzare quanto proposto ai cittadini durante il primo mandato 2006-2011.