I Napolitani e i Siciliani non sono altro che Italiani mai considerati tali
(Importante: i contenuti di questo post non rispecchiano in alcun modo le idee e i valori degli altri membri appartenenti al movimento Stanchi dei Soliti, in quanto trattasi di considerazioni espresse esclusivamente dall’autore.)
Innanzitutto, è necessaria una breve premessa: Cosa intendo per “Napolitani”?
Molti di voi penseranno che io stia facendo esclusivamente riferimento alla città di Napoli: ma non è così. Mi riferisco, in realtà, a quella parte della penisola che, prima dell’Unità d’Italia, era detta “Sicilia Citeriore”, meglio conosciuta informalmente nella storiografia moderna come “Regno di Napoli”. Il territorio in questione era detto “Napoletano” e gli abitanti, appunto, Napolitani. Il che, non è assolutamente un’associazione agli abitanti di Napoli, sebbene un tempo fosse la capitale del sud continentale. Vincenzo Gulì, storico, autore de “Il saccheggio del Sud” e fondatore dell’Associazione Culturale Neoborbonica, di cui è il vicepresidente nazionale, in questa sua breve nota ci illustra il motivo di questo errore:
“Gli abitanti di Napoli sono in lingua italiana Napolitani, come attestano altre lingue (francese:napolitaine; inglese: neapolitan; tedesco:neapolitanischen; spagnolo: napolitano; latino:neapolitanus) che utilizzano la “i” come di dovere. In lingua napolitana naturalmente si dice napolitano, in sicilano napulitanu.
Forse dalla forma napolitana della città, Napule, è sorta anche un altro aggettivo napuletano o napoletano. Questa forma si trova in alcuni scritti d’epoca preunitaria ma è nettamente soverchiata da napolitano. Oggi le persone di Napoli sono dette napoletane con la “e” al posto della “i” a livello ufficiale ed è del tutto scomparso il termine riguardante gli altri abitanti degli antichi territori citrafaro, associati prima a napolitano. Dopo oltre 150 anni di colonizzazione italiana, i Napoletani sono i risiedenti a Napoli mentre gli altri meridionali prendono nome dalle rispettive città e province. E’ stata così realizzata una vera e propria scissione tra gli ex sudditi delle Due Sicilie, strappandoli profondamente dalla loro matrice storica della Napolitania. Il divide et impera prosegue vittorioso ai danni degli attuali italiani del sud. Oggi è quasi un’offesa tacciare di napolitano un abruzzese o un salentino, perché essi intendono napoletano e quindi si vedono assimilati agli abitanti della città di Partenope, con tutti gli strascichi delle calunnie e delle divisioni sparse dal 1861 in poi.“
Per i Siciliani non credo che ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni, poiché hanno avuto la fortuna di mantenere la loro identità ben salda. A differenza nostra, purtroppo.
Detto ciò, è alquanto paradossale il fatto che gli Italiani del Sud (Napolitani e Siciliani) si sentano più italiani rispetto a chiunque altro. Che il Risorgimento sia stato una farsa colossale architettata da quei viscidi porci che oggi ci ostiniamo a considerare eroi non ci piove, e francamente non è mia intenzione considerarli ancora tali; Che bisognerebbe continuare l’opera di revisionismo storico e il recupero dell’Identità di due Popoli, continuamente calpestata e vilipesa dall’Italia da 153 anni, nemmeno.
Cioè che accade ai giorni nostri, non è molto diverso da quanto accadeva in passato. Cambiano solo i metodi adottati: il meridione è stato privato del lavoro, delle sue istituzioni, delle sue industrie e dei suoi primati, e non ha rappresentanti adeguati poiché quest’ultimi sono totalmente e volontariamente asserviti allo Stato Italiano, che continua a togliere al sud per dare al nord scaricando le colpe dei ritardi del Sud ai meridionali stessi. Perché fornire al sud gli stessi beni e servizi che siano qualitativamente pari a quelli del Nord quando puoi attuare politiche clientelari a danno degli stessi meridionali che, per ingenuità o necessità, accettano di essere corteggiati da questi avvoltoi per poi essere traditi?
Perché permettere che il Sud faccia la sua parte, quando i beni e servizi prodotti al nord ed esportati al sud rendono 72 miliardi di euro annui, di cui 63 restano al centro-nord e i restanti 9 miliardi al sud, soffocando le piccole e medie imprese del meridione e quelle che muoiono ancora prima di nascere?
Perché non applicare lo Statuto Speciale della Regione Siciliana, parte integrante della Costituzione Italiana e che viene dal 1946 boicottato dallo Stato Italiano? Ne gioverebbe la Sicilia, e non solo.
Perché? Lo statuto va sicuramente applicato tutto, per il bene della Sicilia ( e a tal proposito, vi consiglio di cliccare qui) : ma l’articolo 37 dello Statuto è il nocciolo della questione, poiché soprattutto il potrebbe trarne vantaggio. E infatti:
ARTICOLO 37
1. Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del
territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell’accertamento
dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed
impianti medesimi.
2. L’imposta, relativa a detta quota, compete alla Regione ed è riscossa dagli
organi di riscossione della medesima.
Direi che l’articolo 37 è chiaro come l’acqua.
C’è chi propone anche la macroregione delle due Sicilie, estendendo l’applicazione totale dello Statuto anche per il sud continentale. Il che, onestamente, non dispiacerebbe considerando il pietoso stato in cui versa la nostra terra e che manna dal cielo potrebbe essere un evento del genere. Ma non accadrà mai: lo statuto continuerà ad essere messo da parte come se fosse un pezzo di carta inutile.
Più che liberarci dal nostro stato di colonia, buona parte dei politici meridionali e non, perpetrano nei loro errori e da colonizzati quali siamo rimaniamo tali.
Abbiamo colpe inestinguibili che sono il nostro fiore all’occhiello. Per modo di dire, naturalmente.
Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, ha detto che gli eterni cantieri della Salerno-R.Calabria sono colpa nostra: e ci mancherebbe, come no!
L’impregilo, azienda-colosso Lombarda, vinse la gara d’appalto per l’ammodernamento della suddetta autostrada e quest’ultima è gestita dall’ANAS, società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell’Economia e sottoposta alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Pietro Ciucci, Romano, ne è l’amministratore unico.
Quindi, riassumendo: perché diamine deve essere la nostra croce se la scarsa efficienza del sud, come in questo caso, è da imputare a terzi?!
Perfino il disastro della terra dei fuochi si millanta che sia colpa nostra, poiché nessuno vent’anni fa denunciò lo scandalo. Niente di più falso.
Mentre Giorgio Napolitano (allora Ministro degli Interni) sapeva, taceva e non muoveva un dito, già all’epoca c’era chi denunciava e anticipava quanto sarebbe successo oggi.
Ci viene preclusa perfino la possibilità di fare investimenti utilizzando i Fondi FAS europei o le royalties assegnateci (che sono pochi spiccioli rispetto a quanto diamo noi in cambio). Gli scippi, e i torti che ci vengono fatti in seguito, sono a dir poco allucinanti.
Cito qualche episodio: I fondi FAS per la Sicilia bloccati nel 2009 e rigirati inspiegabilmente al nord per pagare le multe (ricevute dall’Europa) degli allevatori Veneti;
I Fondi FAS programmati per il sud nel 2007 passati dall’85% (36,9 miliardi) delle risorse da investire sul territorio al 43,5% (18,9 miliardi), mentre il 44,7% (19,4 miliardi) delle risorse toccò al nord quando, inizialmente, gli spettava solo il 15% (6,5 miliardi). Non è finita: un misero 10,6% (4,6 miliardi) spettò all’Abruzzo per riparare i danni subiti in seguito al terremoto dell’Aquila;
Il 10 gennaio 2014, invece, sono state ridotte le royalties a carico delle compagnie petrolifere (dal 20 al 13%) destinate alla Sicilia.
Gli investimenti dello Stato destinati alle regioni meridionali sono, invece, altre inutili briciole (dopo le royalties). Le spese per investimenti diretti delle aziende sanitarie ed aziende ospedaliere, nel 2011, ammontavano a 2,7 miliardi di euro così ripartiti: il 21% alla Sardegna e al Sud e il 79% al centronord.
La famosa cassa del mezzogiorno, poi, è stata un’esperienza indimenticabile e non trascurabile: Il fondo monetario internazionale scrive che, nell’ultimo periodo di attività della suddetta (dall’84 al ’94), «le imprese che hanno beneficiato dei finanziamenti sono per l’80% grandi imprese del nord» contro il 9,4% delle piccole e medie imprese del sud.
Crotone? Non è che l’ennesima città meridionale ignorata dallo stato Italiano: la città dove si vive peggio, secondo le recenti classifiche sulla qualità della vita. Più volte siamo riusciti a conquistare, nostro malgrado, la maglia nera per il pessimo stato in cui versa la nostra città: economia allo sbando, sanità pubblica a dir poco pessima, le famose scorie che (ricordiamo) sono state re-impiegati per altre opere pubbliche incidendo negativamente sulla salute dei cittadini.
Vogliamo parlare della bonifica? A fronte degli ottanta ettari di terreno contaminato e ben 938.000 tonnellate di rifiuti, di cui 528 mila pericolosi, il progetto di bonifica attuale di Syndial (ENI) riguarda esclusivamente 11,5 ettari di Pertusola, dove sono previste fitorimediazione ( ci vorrebbero “solo” quattromila anni prima che si giunga ad un risultato concreto) e rimediazione elettrocinetica dell’arsenico. Sul resto dell’area? Nulla, se non la Continua a leggere