Com’è noto, assumere a tempo indeterminato è l’incubo dei datori di lavoro in quanto hanno estreme difficoltà di licenziamento anche qualora sussistano ragioni che dovrebbero comportare l’obiettiva cessazione del rapporto di lavoro. Un esperto di diritto del lavoro mi direbbe che il giustificato motivo soggettivo e la giusta causa di licenziamento mirano a tutelare il datore di lavoro sotto questo aspetto. Il “problema” è che tali ragioni si basano sull’interpretazione dei giudici e spesso quest’ultimi tendono ad avvantaggiare il lavoratore, anche quando esso è tutt’altro che incolpevole.

Per molti aspetti il posto fisso rappresenta uno dei problemi principali anche nella pubblica amministrazione, soprattutto dalle parti di Crotone, dove la maggior parte dei dipendenti (ma per fortuna non tutti) di Comune e Provincia lavorano in modo del tutto svogliato: ogni loro operazione è funzionale a “togliersi dai piedi” l’utente, come se quest’ultimo fosse un problema da risolvere in fretta; l’altra faccia della medaglia, invece, rappresenta l’estremo opposto: fra utente e dipendente pubblico comincia un dialogo senza fine che non ha per oggetto i problemi o le eventuali strategie di sviluppo dell’ente, bensì la pietanza che la signora ha cucinato per pranzo oppure i risultati della domenica calcistica appena trascorsa (tutto ciò mentre dietro la porta dell’ufficio c’è una fila interminabile).
Il “tanto mi pagano lo stesso” è sempre più in vigore ed è inconcepibile che non ci siano dei forti strumenti di licenziamento per chi non fa il proprio dovere come dovrebbe.
Sul fronte opposto si pone il problema del contratto a termine, della flessibilità in entrata. Dal punto di vista sostanziale potremmo persino considerarla incostituzionale in quanto limiterebbe fortemente la libertà di voto dei lavoratori qualora il datore di lavoro decidesse di fare politica. Noi crotonesi di imprenditori (spesso di supermercati) che “consigliano” ai propri dipendenti di votare un determinato candidato ne conosciamo abbastanza; ed è risaputo che il “consiglio” si traduce in un obbligo, in quanto verrebbe meno il rinnovo del contratto se il lavoratore dovesse opporsi.
Dovremmo trovare il punto di incontro fra i due problemi, assicurando ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato forti poteri di licenziamento per i dipendenti che obiettivamente non svolgono in modo adeguato il loro mestiere, e allo stesso tempo garantire ai lavoratori la possibilità di opporsi ad eventuali pretese degli imprenditori, attraverso la possibilità di optare fra tanti altri posto di lavoro anche a termine (condizione essenziale affinché tanti datori di lavoro siano disposti ad assumere).
Ci auguriamo che la manovra Monti tuteli il lavoratore rendendo libero di scegliere e che, contemporaneamente, faccia sì che i datori di lavoro possano sbarazzarsi dei loro dipendenti negligenti. La meritocrazia è un nostro valore, perché non garantire un posto di lavoro a chi davvero se lo merita?
Andrea Arcuri
Stanchi dei soliti