Magazine Politico LIBERI | Prima Edizione 01/2022

3 focus in questa edizione:
MAL-EOLICO: STANCHI DEI SOLITI CONTRO IL PARCO |
IL CALABRESE NERO |
VORREI MA NON POSSO: LA POLITICA DI CARLO CALENDA |

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Iginio Pingitore – Capogruppo di Stanchi dei Soliti
Prima Pagina – Magazine Politico – Ed. numero 1 Gennaio 2022

MAL – EOLICO: STANCHI DEI SOLITI CONTRO IL PARCO

Iginio Pingitore fa il punto sul possibile parco eolico in mare: 250 metri di altezza, 87.000 metri quadri di concessione e ben 33 turbine eoliche. Uno scempio senza precedenti.

Avete capito bene. Quasi novantamila mq di concessione per l’installazione di un parco eolico in mare. La richiesta è della società Repower Renewable, che conta ben dieci parchi eolici in tutta Italia e due in Germania.

È importante precisare che Stanchi dei Soliti ha sempre creduto nelle energie rinnovabili, che consideriamo la fonte primaria per aumentare l’indipendenza energetica del nostro Paese fronteggiando una crisi climatica che appare inarrestabile. Tuttavia, è fondamentale contestualizzare il parco eolico all’interno del mare crotonese. Sarebbe un colpo di grazia per le marinerie – afferma Pingitore – che già incontrano tutti i limiti derivanti dalla presenza delle piattaforme. Limiti che, fra l’altro, investirebbero anche il settore turistico: che considera piattaforme e pale eoliche in mare l’antitesi delle spiagge bianche e del mare cristallino.
Iginio Pingitore, consigliere comunale di Stanchi dei Soliti, ha coinvolto il sindaco Voce che ha dato immediata disposizione agli uffici di formulare le dovute opposizioni tecniche, utili a scongiurare la realizzazione del progetto della società Repower Renewable.
Sono circa vent’anni che Iginio Pingitore promuove battaglie per la tutela dell’ambiente: nel corso del suo mandato da sindaco di Scandale si è opposto alla discarica di Santa Marina ed è stato promotore di importanti iniziative per la tutela dell’acqua pubblica e del relativo depuratore. Da consigliere comunale di Crotone, invece, ha scongiurato la realizzazione della discarica di Giammiglione, promuovendo in consiglio comunale una proposta di diniego che è stata approvata all’unanimità.

di Stanchi dei Soliti

IL CALABRESE NERO. DI SINISTRA O ALTRUISTA?

I migranti che tanto odiate sono in gran parte bambini | Wired Italia
Barcone di immigrati

Mi chiedo come si possa ricondurre una vita umana a un dibattito politico. Salvare persone è diventato davvero di destra o di sinistra? È davvero buonismo affermare che questi uomini e queste donne hanno diritto ad una vita diversa? E noi occidentali in tutto questo, con quale faccia poniamo dei limiti agli sbarchi? Spesso non abbiamo il coraggio di superare le nostre abitudini, la nostra comfort zone, e ci prendiamo il lusso di banalizzare il coraggio di queste persone. Ce l’avreste voi il coraggio di viaggiare su un peschereccio per raggiungere una vita migliore? La risposta è no: giustamente, vi strazierebbe dal dolore andar via da Crotone per il Nord, figuriamoci abbandonare terra, origini e famiglia in un altro continente. Quindi, al di là delle responsabilità politiche, che richiederebbero una equa ripartizione dei migranti fra i Paesi UE, dobbiamo ricordarci che la vita di un calabrese non è poi così differente da quella di un extracomunitario emigrato. Emigriamo per studiare, per lavorare e per curarci. Cambia il mezzo di trasporto: noi viaggiamo in aereo e loro su un barcone. Ma non cambia la finalità: cercare il luogo del riscatto sociale, che la nostra terra non ci ha garantito. E anche da noi il famoso “aiutiamoli a casa loro” non ha attecchito: basta vedere che la “questione meridionale” esiste da quando è nata la Repubblica italiana.
E allora: viviamo gli uni accanto agli altri, nel rispetto reciproco di tradizioni e culture differenti. Differente non significa contrastante: il nero (o il calabrese) diventa antagonista per finalità politiche, che in Italia si è esplicato con la repentina evoluzione da “Prima il nord” al “Prima gli italiani“.
Chi vi scrive non è di sinistra ma è calabrese. E come tale, da persona che ha fatto le valigie per cercare la dignità altrove, non posso che essere solidale nei confronti di chi intraprende la medesima ricerca, ma con un punto di partenza decisamente diverso: lì c’è fame, guerre e malattie. Da noi, “u manciar subba a tavula” non è mai mancato.

VORREI MA NON TROPPO: CARLO CALENDA FRA PROFESSIONALITÀ E POPOLINO

Carlo Calenda durante la campagna elettorale di Roma

Alcuni mesi fa abbiamo assistito ad una campagna elettorale totalmente innovativa rispetto al passato.
Il protagonista è stato Carlo Calenda, candidato a sindaco che, con una sola lista, ha ottenuto il 20% dei voti. Numeri da capogiro per gli addetti ai lavori. A parità di liste, soltanto il Movimento 5 Stelle, negli anni d’oro, ebbe la capacità di fare meglio.
Calenda ha puntato molto sulla professionalità, con un programma elettorale dettagliato di 2.000 pagine, centri di studio interni al partito, analisi di costo delle proposte progettuali. Un’organizzazione quasi impeccabile: distante anni luce dai concorrenti, che invece si sono limitati ad elaborare programmi amministrativi al solo fine di rispettare gli obblighi derivanti dalla normativa elettorale vigente. Anche Calenda, però, è caduto nella trappola del popolino: assecondare gli impeti dell’elettore medio, dire esattamente ciò che “er romano de Roma” vuole sentirsi dire perché, in stile asso piglia tutto, anche i burini votano! L’epilogo di questo discutibile modus operandi è stato il tatuaggio SPQR che Calenda ha deciso di rendere indelebile sulla sua pelle, proprio in piena campagna elettorale.
Una strategia in perfetta armonia con i post di Matteo Salvini dedicati alla finale del Grande Fratello: parlare lo stesso linguaggio del popolino, trattare i suoi stessi argomenti, essere al suo stesso livello. Una trovata per accalappiarsi i voti dell’italiano medio, dimenticando che la politica deve essere espressione degli italiani migliori.
La politica deve costruire le basi per una comunicazione sana e massiva. L’una non esclude l’altra. La politica deve interrogarsi sul rapporto costi/benefici di un’azione: riflettere, banalmente, non su quanti voti si conquistano con il tatuaggio SPQR ma su quanti voti, invece, si perdono, perché in gioco c’è la credibilità. E finché non si ritornerà ad essere credibili, anche nella comunicazione, la politica non ha il diritto lamentare una scarsa partecipazione elettorale.

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