
Avere un governo è decisamente più rilevante di tutte le riflessioni politiche che abbiamo fatto in questi giorni. Il Savona Sì Savona No, impeachment, voto a luglio o a settembre, Cottarelli e suoi fratelli, PD che resuscita dal mutismo, i mercati, le intromissioni di Mattarella, i curriculum, la Germania e l’Europa, lasciano spazio alla concreta necessità  del fare. Un governo può fare. Le parole, senza fatti, fanno solo rumore.
Io aspettavo questo giorno da almeno otto anni, da quando ho cominciato a credere che il Movimento 5 Stelle, mai stato alla guida dell’Italia, non ha sulla coscienza il fallimento di questo Paese.  Adesso, con i fatti, può finalmente dimostrare quanto vale. Certo, al governo non è in bella compagnia. Ho poca memoria ma tanta coscienza per dimenticare le umiliazioni della Lega di Bossi e Calderoli nei confronti del Sud. E credo che Salvini abbia fatto addirittura peggio: per ragioni elettorali ha trasferito l’odio dal Sud d’Italia al Sud del mondo, l’Africa.
Anche questi richiami d’orgoglio personali, però, passano in secondo piano rispetto alle esigenze occupazionali e sociali di milioni di persone. Durante una sera d’estate del 2013, anno delle elezioni politiche, io e Antonio Belluomo parlavamo proprio di questo: alla gente, come è giusto che sia, non interessano le dinamiche politiche ma le risposte. E se le risposte arrivano da Berlusconi, Di Maio, Renzi, Salvini o chi per loro è totalmente indifferente. Ciò che conta è il risultato non i protagonisti.
Una piccolissima minoranza, però, si eccita anche per le dinamiche politiche, per gli scenari, per i se e per i ma che sebbene intangibili suscitano un grande spettacolo emotivo. In questa piccola minoranza ci sono anche io e non posso, né voglio, esimermi dall’ipotizzare altri assetti politici, riflettere sul futuro elettorale mancato. Attenzione, non si parla di aria fritta e ipotesi infondate, ma della naturale conseguenza se fossimo andati al voto la prossima estate.
Penso che del caos politico di queste settimane ne abbia beneficiato il Partito Democratico, non per quello che ha detto o ha fatto (figuriamoci) ma, appunto, per la formazione del governo quale alternativa al voto. Un’altra tornata elettorale, con M5S e Lega alleate, forti del fatto che sono stati “bloccati” da un insueto Mattarella e delle presunte intromissioni tedesche, avrebbe significato stravincere le elezioni e ridisegnare completamente le geometrie politiche del Paese, transitando dall’attuale terzo polo (centrosinistra, M5S, centrodestra) al polo dei movimenti (territoriale le Lega e trasversale il M5S). Con qualche frammento di Forza Italia e con quel che resta del PD, piĂą di ogni altro responsabile dello stato in cui versa l’Italia. Un PD che, quindi, ha beneficiato della prosecuzione del governo per fare opposizione e dare un senso a quel 19% di voti. Voti che adesso non raggiungerebbero la doppia cifra se andassimo ad elezioni domani.
Eppur si muove, perché se a un partito moribondo lo mandi all’opposizione rinasce, se lo mandi al voto si estingue.
Forse cancellare il terzo polo è stata un’occasione politica mancata. Ma non si poteva più aspettare: buon governo a tutti.